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9.5.06

Josè Gonzalez + Adem @lacasa139 - milano - 5.05.2006

Se nello spazio "nessuno può sentirti urlare", quando invece ti trovi su di un palco, armato solo di una chitarra e della tua voce, nessuno può udirti mentire: come diavolo potresti riuscirci?
E' un po' come irrompere nella camera da letto di una ragazza nel momento in cui si sveglia: capelli sconvolti, occhi cisposi, niente trucco, il semplice sembrare è ben difficile in queste condizioni. Ma la bellezza traspare, comunque. Anche se la ragazza in questione ha la cucitura del cucino impressa su di una guancia. Anche se la stessa ragazza ti tira un cuscino (o al peggio il comodino) maledicendo i tuoi antenati fino alla terza generazione.
Idem per un set acustico come quello che ho visto venerdì alla Casa 139: Adem e
Josè Gonzalez.
Il rischio più grande è annoiare. E' facile cascarci. Poi ci sono le stecche e le incertezze, impossibili da nascondere sotto un tappeto sonoro.
Non è successo.

A dire il vero, mi sono perso i primi pezzi fatti da Adem a causa di una coda allucinante all'ingresso, ma giungere alla - piccola - sala dei concerti e trovare TUTTO il pubblico seduto per terra in religioso silenzio, mentre un timido tizio intona i suoi scarni pezzi nella penombra con un solo strumento alla volta, può fare quasi impressione. Dopo pochi minuti mi sono reso conto che:
1) quei suoi pezzi - ascoltati tempo fa e subito accantonati per la troppa fretta - meritano una seconda possibilità in un momento di calma;
2) voglio pure io un barattolo con una manovella e delle molle dentro, che suona facendo "ting! tung! tad! tok! ting! tung! tad! tok!"
Quando parte del pubblico - bloccato sulle scale da venti minuti - inizia a rumoreggiare chiedendo di alzare il culo dal pavimento, le file si compattano e mi ritrovo a pochi metri dal palco, rendendomi assurdamente conto - dalle voci ma non solo - di essere l'unico italiano nel raggio di 5 metri. Esperienza un po' anomala in via ripamonti ma, devo ammettere, pure piacevole (e non solo per la splendida biondina che mi ritrovo letteralmente tra le costole).

Arriva il turno di Josè Gonzalez e la comunità erasmide scandinava di stanza a Milano inizia a rumoreggiare. Lui arriva, si piazza sullo sgabello ed inizia un set breve ma intenso. Le luci colorate gli danzano addosso mentre lui canta, spesso ad occhi chiusi.
Temevo che lo spottone sony - che lo ha fatto conoscere pure dalle nostre parti - provocasse l'arrivo di un esercito di sciampiste, giunte per sentire "...sì, quella canzone lì! è così dooolce..." ed invece mi trovo circondato da persone interessate, che ascoltano rapite questo anomalo svedese, tenendo il tempo giusto con la testa ed aspettando l'ultimo accordo per iniziare ad applaudire in maniera sincera e convinta. Cara pubblicità, a volte non riesci a smerdare proprio tutto.
Una menzione speciale per un'altra cover fatta a fine concerto: cosa ne dite di una Teardrop (sì, proprio quella) dei Massive Attack fatta con solo chitarra e voce? Una versione lontana anni luce dall'originale, ovviamente, ma che non la fa rimpiangere. Una di quelle cose che, quando la riascolti mentalmente, ti fa venire una spanna di pelle d'oca dal collo alle scapole. Più semplicemente, bella.
Peccato solo che
Josè Gonzalez non sia stato un po' più Galeotto, altrimenti avrei messo alla prova il mio maccheronico inglese mimico-gestuale con la biondina di cui sopra. Maledetta timidezza indie!

iDop(e) aka cru7do




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