Image hosted by Photobucket.com

9.7.07

SONIC YOUTH @ SPAZIALE FESTIVAL

Ovvero: il Rock ad occhi aperti.

Sapete cos'è: negli early 80s questi rivoltarono la musica rock come un calzino. Sarebbero potuti durare appena un paio di annetti, e avrebbero comunque meritato stima e ricordi. Pensateci un po': antidivi eppur divini. Realmente originali eppure benvoluti dal pubblico. E poi, oh! quanti imitatori negli anni a venire.

Invece, a più di vent'anni di distanza dai loro primi risplendenti prismi caotici, i giovani sonici sono ancora in giro con la Loro musica, intenti a perseguire Dio solo sa quale piano di liberazione psichica di massa.

Trash set and no star: sarà, ma la strumentazione sul palco di questo tour è assolutamente all'altezza della fama della band; dalle coloratissime testate Marshall di Ranaldo all'impressionante set di chitarre di Thurston.

Il concerto odierno, prima giornata dello Spaziale Festival organizzato nell'ottimo Spazio 211, prevede l'esecuzione completa di Daydream Nation, pietra angolare (bla bla bla) dell'indie chitarristico anni Ottanta. Album spalmato su quattro facce di vinile, a colpi di tre canzoni per lato; pensate quale doveva essere l'originale fruizione dell'opera.

Ora, la Gioventù Sonica sale sul palco approssimativamente verso le 22.25, dopo i torinesi My Cat Is An Alien (per chi scrive niente altro che un esperimento mal riuscito; apprezzo la proposta coraggiosa, ma Dio mi scampi dal capitare nuovamente ad un loro concerto).

Quindi, i Quattro si palesano innanzi al numeroso pubblico, Kim Gordon imbraccia il basso e parte il boato e con esso le prime note di Teenage Riot. Di lì fino all'imponente Trilogia di chiusura dell'album (e della prima parte del set, nel caso del concerto in questione) tutto fila più o meno secondo le aspettative. Chitarre suonate con le bacchette, manici che sfregano sulle casse, cavalcate chitarristiche che sfumano nelle distorsioni, suoni deliberatamente sguaiati e "tutte quelle cose lì" che in fondo ti aspetti dai Sonic Youth perchè, ancora più delle canzoni, ne sono la vera essenza.

Note a margine assolutamente essenziali: l'allampato Thurston Moore non invecchia. A vederlo sembra il fratellino di Ranaldo, anche se anagraficamente gli è vicinissimo. Anche Kim Gordon a 54 anni si permette un vestitino scollacciato e fornisce al proprio basso due gambe da capogiro. Sarà la frangetta bionda, ma viene quasi in mente l'algida Nico a guardarla, anche mentre mentre balla e si dimena scomposta come una farfalla ubriaca.

Nella ripresa, la scaletta - liberata dal lucchetto della celebrazione - vira verso le produzioni più recenti. Sul palco si aggiunge un nuovo componente, al basso: Mark Ibold dei Pavement, scoprirò dopo. Gli encore in realtà lasciano a desiderare. Sarà che il repertorio recente non mi esalta più di tanto, ma il finale è meno incisivo di quanto vorrei.

Poco importa in realtà. Capirete: dinnanzi a cotanta grazia, non si discute nulla. Non ci si lamenta delle troppe zanzare. Non ci si lagna di un volume forse troppo basso. E non si dice in giro che comunque, a far le cose giuste, avrebbero dovuto risuonare tutto Dirt.


D. ovvero il fortunato vincitore dei 2 accrediti



Labels:




eXTReMe Tracker

Track referers to your site with referer.org free referrer feed.