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1.8.05

La gita in montagna

Maschere del risveglio domenicale, ci si da appuntamento per una giornata in montagna. Colazione a sigarette, qualche telefonata e alla fine siamo in sei, di cui cinque e mezzo non organizzati. Ci sono infatti infradito, camicie, jeans. Io addirittura esco di casa come se andassi a comprare le paglie: polo, bermuda, sneakers e occhiali da sole.
Inizia un pellegrinaggio di due ore in cui brasche e resoconti delle serate precedenti sono i protagonisti. E intanto sognamo un ricco pranzo fatto di polenta, cinghiale, funghi, capriolo eccetera.
La strada sembra non finire mai e giunti finalmente a destinazione è tardi per mangiare in quasi tutti i posti. Senza quasi accorgerci ci ritroviamo in una specie di pub a mangiare polenta e salsiccia surgelata, serviti da uno staff italo-rumeno-albanese, che per carità non ci vedo niente di male, ma l'idea di partenza era un po' diversa.
Guadagnamo quindi il fiume (o lago?) in cui con 3-4 teli ci si butta alla bellemeglio. Siamo costretti a condizioni atmosferiche bizzarre. C'è il sole, caldo, caldissimo, che brucia la pelle. Appena però una nuvola lo copre, la temperatura scende immediatamente di una quindicina di gradi. Inoltre, con tempistiche alla cazzo, soffia il vento, potente.
Dato il clima ballerino, ho visto alcuni della ballotta spogliarsi, per poi indossare maglia e giacca jeans, per poi spogliarsi di nuovo, a intervalli regolari di tre minuti, poi sono impazziti.
E intanto la bagarre era già partita. Tra noi alcuni maestri del rolling estremo che se ne sbattono del vento. Inpresentabili già al mattino, ora siamo facce di plastica, maschere che ridono e cercano di dormire. A turno, quando non ce la facciamo più a star fermi, facciamo tappa al bar ad ammazzarci di pastis e birrette. Le ore passano, è un attimo sbagliare strada e allungarla di quaranta chilometri al ritorno...




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